domenica 1 dicembre 2019

Spiritualità. Strada maestra?




Di giandiego


Sin troppo spesso di confondere religiosità con spiritualità. La prima è la gabbia mentre la seconda il bisogno … e sono cose fra loro diverse.
Questa considerazione non è una novità assoluta, certo, ma, in molti casi, essa è stata usata solamente per trasferire la gente da una gabbia ad un'altra. Molti saggi e guru partono da questa accezione per farti uscire dall'involucro delle grandi religioni e portarti nel loro campo. Non è l'operazione che si vuole fare qui. Chi scrive non è né saggio e men che meno guru.
Uno dei grandissimi limiti, per esempio, dell'analisi marxiana è proprio l'aver confuso questi due piani, relegando la spiritualità nel medesimo campo della religiosità. Così come il merito, enorme, del movimento hippy è quello di aver ri - attualizzato l'esigenza spirituale.
Per carità sia l'uno che l'altro sono primi passi, nonostante l'arroganza di chi li compie e li ritiene definitivi e conclusivi. L'essere umano, nei secoli, ha variamente dimostrato questo assioma, così come la rivalsa del potere ha reso palese la metodologia con la quale esso viene rintuzzato e dominato.
L'affermazione che non esista questo “campo umano” è in sé una solenne sottovalutazione ed una incapacità intrinseca di comprensione e lettura, che nulla ha a vedere con il “materialismo storico”, anzi né è negazione.
La ricerca spirituale quindi è una strada maestra? Assolutamente sì, ma non solo essa è la via sulla quale si consolidano le acquisizioni comportamentali, che altrimenti diverrebbero preda del “riflusso sistemico”. Questo è stato ulteriormente dimostrato dal numero infinito di defezioni di 68ini, dal loro fronte di rinnovamento, per rientrare in una normalità dolorosa, anzi spesso “retriva e conservativa”.
L'affermazione dogmatica è sempre la struttura ingabbiante, da qualsiasi parte e sotto qualsiasi bandiera essa venga proposta. È triste dirlo, ma il non farlo significherebbe non comprendere le ragioni di un riflusso spirituale così consistente, come quello a cui stiamo assistendo.
L'affermazione dogmatica obbliga le persone in regole, in divieti e forme … in metodologie, che umiliano e mortificano l'adattamento e l'evoluzione. Quel che è nuovo per qualche settimana, diventa vecchio e stantio dopo un mese, soprattutto in questo sistema.
Ognuno sia il Guru di sé stesso, impariamo ad ascoltare il nostro maestro interiore, meditiamo, preghiamo se questo ci serve, ma non riduciamo il divino alla nostra dimensione … o meglio accettiamo d'esserne parte, componente essenziale, tessuto fondamentale, ma di non poterlo immaginare, nella sua completezza senza doverne dare immagine compiuta, definitiva e quindi falsa e limitativa, di non potere quindi renderla del tutto comprensibile. Soprattutto, però, non inventiamo regole e strade obbligate per qualche cosa che è negazione delle regole e delle strade obbligate. Accettiamo l'idea che il cambiamento, per quanto necessario ed urgente, passi da noi e dall'immagine che noi abbiamo di quel che è immanente. È sempre stato così ogni volta che l'umanità ha fatto un passo l'immagine del divino è cambiata, si è evoluta, ampliata anche e per ausilio di quella che abbiamo chiamato scienza … lasciamo che la vastità dell'universo e la sua complessità ci coinvolga, perchè ne siamo parte essenziale … anche se siamo granelli di sabbia.


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