domenica 22 marzo 2020

La vocazione al totalitarismo




di giandiego Marigo

Al di là delle iniziative del governo attorno al contenimento della pandemia da coronavirus, discutibili nei metodi ed in alcune specificità, quel che preoccupa davvero, oltre ai suddetti metodi ai limiti della costituzionalità, è la vocazione trasversale rivelata dalle italiche genti al totalitarismo condito da quella alla delazione di supporto.
L'anelito, quasi il bisogno di piegarsi alle regole, d'avere recinto e pastore, d'ergersi a propria volta a guardiani improvvisati d'ogni diktat in nome d'una confusa difesa delle regole.
La vocazione al contravvenirle, non già per profonde ragioni di contenuto o difesa delle libertà individuali, ma per assolute vaghezze, ragioni futili ed apericena serali.
La confusione delle regole stesse, che porta alla criminalizzazione del runner solitario, alla perorazione per roghi e crocefissioni estemporanee, ma all'accettazione di fatto della fila per il pane e le sigarette e di ogni sorta di deprivazione. L'aggiramento costante ed ormai perenne dell'ambito parlamentare ormai ridotto a pura rappresentanza, sebbene a lauto pagamento. La paura che non ragiona, che è sufficiente a sé stessa e che diviene accettazione supina.
La tendenza al linciaggio virtuale e fisico la si era già misurata in altri tempi, attraverso al storia; dalle streghe, ai terroni, passando per i musulmani, i neri, i migranti, i vegani, i buonisti, le ONG sino alla contemporaneità dei runner o podisti che dir si voglia. Comportamenti consolidati, per altro, in più di una pandemia sin dai tempi della peste, con la segnalazione delle case, la caccia agli agli untori ed alle streghe portatrici di malattia.
Questa vocazione è trasversale, purtroppo trova icone differenti a giustificarne la necessità da Mao a Stalin sino a Putin. Da Mussolini, Salvini sino a Trump.
Non si vuole qui far d'ogni erba un fascio, ma l'oggettività della tendenza alla generalizzazione facilitante va riconosciuta; la mano forte, il polso d'acciaio piacciono agli italiani, che mugugnano, brontolano, si lamentano, fanno i furbi, ma poi si adagiano nel sedativo senso di protezione da ogni male. Nella confortate e salvifica protezione dalla morte immanente. Persino se essa è falsa, aleatoria … inventata. Basta che qualcuno millanti di poterla garantire.
Anzi che chiedono a gran voce l'inasprimento, la condanna d'ogni dissidente sino a spiare da dietro le finestre i trasgressori in un vortice di generalizzazioni e semplificazioni che si trasforma in una generica ed uniformante cattiveria sociale.
È da tempo che si nota questo nel tessuto sociale ed è da altrettanto che la richiesta dell'uomo solo al comando, del Cincinnato eroico e incorruttibile, che la deificazione del leader serpeggiano. Tale sentimento è generalizzato e non ha bandiera, l'invito al silenzioso assenso, al fare e tacere, al seguire i leader senza fiatare … al criticare solo sottotraccia, ma senza esporre troppo il dissenso è, purtroppo, generalizzato.
L'essere umano sembra ritenere necessaria la verticalità nelle sue manifestazioni peggiori, teorizza la competizione senza scrupoli, la legge del più forte e del più ricco o si rifugia ipocritamente in quella del più intelligente , del più sapiente e del più degno (senza definire, però il chi ed il perché) che chiama selezione naturale, accetta la ghettizzazione del debole e dell'ultimo, del fuori casta, sino alla sua eliminazione , ma rifiuta l'idea che sia la natura a sottoporlo a tale vaglio.
Anzi arretra spaventato di fronte alla morte, per cause, in fondo, naturali ... al punto che la tanatofobia (paura della morte) diviene il metodo principale di controllo di qualsivoglia forma di potere.
L'esperienza ci insegna, sempre che si voglia guardarla,che quando si concede il passo alla paura delegando ad un qualsiasi sistema “il controllo” quel che viene sottratto in emergenza (diritti, libertà) difficilmente viene reso. Anche la modernità ce lo dimostra: La tattica della sottrazione emergenziale è ampiamente adottata da ogni sistema di controllo e dominazione. Se a questo si aggiunge la “vocazione al totalitarismo” condivisa e diffusa … bè il risultato è prevedibile , anzi certo.
Il cambiamento necessario è talmente profondo, culturale e spirituale da far tremare le vene ai polsi al solo pensarci … se quella che ci piacerebbe chiamare l'area progressiva, non farà , davvero, i conti con questa vocazione al gregge che caratterizza l'umanità, ma continuerà a pensare di usarla, magari mitigandola, uniformandosi così al potere di turno, nulla … davvero nulla potrà cambiare.
Semplicemente continueremo a fare quel che abbiamo sempre fatto … a sostituire una forma di potere con un'altra a cambiare le marionette che guidano il carro ed a chiamare questo cambiamento

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